Le guerre, i migranti e nuove prospettive per il dialogo e la pace nel Mediterraneo sulla scia dell’eredità di Giorgio La Pira sono stati i temi chiave affrontati al convegno Quale Mediterraneo? Nella scia di Giorgio La Pira, tenutosi il 7 settembre a Pozzallo, organizzato dal Centro Mediterraneo La Pira con il sostegno della Fondazione Migrantes.
«Dopo una pausa di alcuni anni dovuta al Covid, il Centro ha regolarmente ripreso le sue attività offrendo un importante contributo sul piano della mediazione interculturale, della tutela volontaria e della sensibilizzazione verso l’accoglienza. Un'azione concreta che è sicuramente difficile da realizzare ma che abbiamo assolutamente il dovere di praticare. Ognuno ovviamente sulla base del proprio mandato e delle proprie responsabilità» a esordito il moderatore Giacomo Anastasi, direttore del Centro Mediterraneo Giorgio La Pira di Pozzallo, nato nel 2017 con obiettivo di porsi quale strumento di promozione del dialogo, del confronto e dell’accoglienza nello spirito del “sindaco santo” di Firenze.
L’iniziativa ha costituto un’occasione per riflettere sulle attuali ingenti sfide del Mediterraneo, anche per riscoprire l’eredità del pensiero lapiriano, a 120 anni dalla nascita di La Pira e a 70 dalle sue prime articolate letture della realtà di quel mare sulle cui sponde era nato. Nella prima parte, il dibattito sul tema delle guerre ha visto protagonisti Paolo Magri, vicepresidente ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) e Lucia Goracci, giornalista inviata speciale RAI, approfondire il dramma delle migrazioni e dei conflitti che da sempre attanagliano il “Mare Nostrum, oggi più che mai Mare Mortum”. Il quadro ha offerto uno sguardo sulle guerre che dilaniano il Medio Oriente, la Siria e la Libia. In particolare a proposito della crisi israelo-palestinese, Paolo Magri ha citato La Pira, ricordando come la pace sia «la più difficile da raggiungere, ma in grado di trasformare il Lago di Tiberiade nello spazio più luminoso della terra. Superando i deliri e la smisuratezza dell’uomo si potrebbero riscrivere le norme di un uomo nuovo». Per questo, riportare la diplomazia al centro, una diplomazia disarmata, consapevoli della complessità del mondo, appare l’’unica strada, a partire dalla conoscenza.
Nella seconda parte della conferenza, una tavola rotonda ha coinvolto, oltre al primo cittadino di Pozzallo, Roberto Ammatuna, Paolo Amenta, presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italian), Patrizia Giunti, presidente della Fondazione Giorgio La Pira di Firenze, Salvatore Rumeo, vescovo della Diocesi di Noto, ed Elia Tornesi, della Fondazione Migrantes. Ispirata dalla visione di La Pira, la riflessione sul Mediterraneo ha più volte chiamato in causa Papa Francesco il quale, ha ricordato Tornesi, intese iniziare proprio dalla commemorazione a Lampedusa il suo pontificato.
Lo stesso papa, ripercorrendo il pensiero lapiriano, ha ricordato il mare come «un ambiente che offre un approccio unico alla complessità, specchio del mondo, che porta una vocazione globale alla fraternità». Sia in quanto punto di partenza per il dialogo tra le fedi e di conseguenza dialogo tra le genti proprio per la sua posizione strategica. Ma anche in quanto crocevia di culture e civiltà che rappresentano tanto la nostra storia, quanto una prospettiva del futuro. Non di rado il pontefice ha rivendicato una “teologia del Mediterraneo” di cui, ha ricordato mons. Rumeo, La Pira è considerato pioniere in un bacino che, come ha ricordato invece Patrizia Giunti, nella sua etimologia è “mare tra le terre” ma che oggi si ritrova ad essere “mare tra le guerre”. In proposito, è stata più volte ricordata l’efficace e diplomazia dal basso lapiriana, capace di spingersi oltre le freddezze di ambasciate nazionali e stalli dati da pregiudizio.
Sul finire dell’incontro, la stessa Giunti ha ricordato la speranza legata a due interessanti progetti. Il primo, fortemente voluto e sostenuto dalla CEI, è il Consiglio dei giovani del Mediterraneo, che “mira a curare la dimensione spirituale, a rafforzare l’azione pastorale davanti alle sfide odierne e a costruire relazioni fraterne” : un’opera che unisce giovani provenienti dalle diocesi di ben 26 paesi del Mediterraneo che hanno il compito di farsi portatori e testimoni dal basso di un progetto di condivisione di esperienze, per cercare di ricreare quel processo di formazione voluto da La Pira a partire dalla neutralizzazione dell’odio. Perché, ha ricordato la Giunti, “le guerre finiscono ma quello che durerà per generazioni è l’odio. L’impatto del conflitto non è soltanto nel dramma che si vive con il conflitto stesso. Ma è nel dramma di generazioni che vengono cresciute nell’odio reciproco. L’unica possibilità è trovare la chiave per disinnescare una volta per tutte quell’odio”.
L’altro, di fatto complementare, riguarda le Università del Mediterraneo, finalizzate a formare generazioni future che sappiano ricoprire ruoli nelle classi dirigenti. Giovani capaci di dialogare al di là dell’appartenenza religiosa e politica e in grado di creare un comune sentire mediterraneo. Il progetto, già sognato da Rino Nicolosi, indimenticato presidente della Regione siciliana tra gli anni ‘80 e ‘90, nasce su impulso del presidente Romano Prodi e vedrà a breve divulgazione nazionale. L’obiettivo è accogliere giovani provenienti da ogni sponda del Mediterraneo tramite corsi di laurea calibrati sul sapere scientifico e tecnologico, volano del progresso e capace di creare una condivisione fra queste realtà giovanili.
E’ possibile rivedere gratuitamente, tramite il canale Youtube della testata giornalistica La Voce dell’Jonio, gli interventi integrali alternatisi:
- Qui quello di Patrizia Giunti, Presidente della Fondazione Giorgio La Pira di Firenze;
- Qui quello di Elia Tornesi, della Fondazione Migrantes;
- Qui quello di mons. Salvatore Rumeo, Vescovo della Diocesi di Noto;
- Qui il dialogo tra Paolo Magri e Lucia Goracci, rispettivamente vicepresidente dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e giornalista della RAI.