Ricorda il 5 novembre, il Mediterraneo e quel "sabato senza vespri" di Giorgio La Pira

5 novembre 2022

Sabato 5 novembre 2022 ricorre il 45° anniversario della morte di Giorgio La Pira, cui l’impegno sociale e spirituale del Centro Mediterraneo che ne prende il nome si ispira guardando alle sfide di una complessa modernità dalla terra d’origine del “sindaco santo”. Si ripete come da rito ormai assodato l’annuale appuntamento con la Messa celebrata nella basilica di San Marco, a Firenze, dove le spoglie mortali del “Professore” furono trasferite nel 2007. La concelebrazione eucaristica, prevista alle 18, è presieduta dal vescovo di Prato. mons. Giovanni Nerbini che ha conosciuto personalmente Giorgio La Pira, quando questi era ospite di Casa Gioventù, nell’Opera Villaggi fondata dal reduce dei campi di sterminio e amico, Pino Arpioni.

In occasione di questo anniversario, la Fondazione La Pira ha curato un libretto (che verrà distribuito ai partecipanti alla Messa) che ripropone alcuni brani dell'enciclica di Giovanni XXIII, "Pacem in terris" (11 aprile 1963), i commenti rilasciati in quei giorni da La Pira e due interventi recenti di Papa Francesco sul conflitto tra Russia e Ucraina e, più in generale, sul pericolo di un olocausto nucleare e sulla necessità del disarmo. Nell’introduzione al fascicolo, viene indicato il “filo rosso” che lega questi testi scelti. 

“Stiamo vivendo per certi versi un periodo analogo” a quello del 1962, quando da poco si era sfiorata la guerra nucleare per la crisi dei missili sovietici a Cuba, scrive la Fondazione Giorgio La Pira. “La guerra, che pensavamo bandita almeno tra i paesi europei, insanguina da oltre otto mesi il nostro continente, provocando lutti da entrambe le parti, violenze inenarrabili contro i civili, distruzioni di ogni sorta”. Da qui la ferma convinzione che, “come sostenne La Pira nel caso del conflitto vietnamita”, si debba oggi “adottare l’interdictum del giurista romano Gaio vim fieri veto”, ponendo fine ad ogni violenza e aprendo la strada “ad una Conferenza internazionale per affrontare la globalità dei problemi. Di fronte all’ondata di “bellicismo” che sembra non placarsi, arrivando perfino ad ipotizzare l’uso dell’arma nucleare – conclude la Fondazione La Pira, – solo papa Francesco alza la sua voce per denunciare l’assurdità della guerra” e chiedere che “tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili”.

Per il Centro Mediterraneo di studi e formazione, che di La Pira porta il nome e l’ispirazione, non potrà mai essere un giorno come un altro. Ricordare il 5 novembre non significa riportare una vuota memoria, ma rammentare piuttosto l’incontenibile prorompenza di una Fede che in La Pira si tradusse in un impegno immarcescibile in favore della Pace universale. Fu questa a spingerlo sino in Vietnam per stendere i punti di accordo che, purtroppo solo anni dopo per il sabotaggio di alcuni signori della guerra, avrebbero posto fine a una terribile e nota guerra. Fu la stessa a spingerlo fino al Soviet di Mosca, unico “occidentale” accettato, a illustrare la sua “visione cristocentrica della storia” invocando il disarmo dalla “follia nucleare”: un tema clamorosamente tornato appunta d’attualità data la sciagurata invasione armata decisa dalla Russia di Putin ai danni dell’Ucraina lo scorso febbraio, con tanto di velate minacce di uso di armi nucleari nel caso in cui gli aggrediti cerchino di riannettere i territori strappati loro con la violenza delle bombe e dei proiettili.

Eppure, come affermato da Papa Francesco nel Messaggio per la 54ª Giornata Mondiale della Pace, “duole constatare che, accanto a numerose testimonianze di carità e solidarietà, prendono purtroppo nuovo slancio diverse forme di nazionalismo, razzismo, xenofobia e anche guerre e conflitti che seminano morte e distruzione”. Ironia di una triste sorte ricercata da uomini senza scrupoli, mentre scoppiava il conflitto armato tra Russia e Ucraina, prendeva inizio l’incontro dei sindaci, i vescovi, i cardinali e patriarchi dell’area mediterranea a Firenze. All’ombra del campanile di Santa Maria Novella, custode dell’arte di Giotto, Masaccio e Brunelleschi, dove si respira l’umanesimo del rinascimento e la “bellezza teologale”, come la ebbe a definire proprio Giorgio La Pira, che trova nel volto del Cristo il suo modello. Era un secondo appuntamento, dopo quello tenutosi nel 2020 a Bari, mutuando il tema nel “Mediterraneo frontiera di Pace”. La Pira tracciò il “sentiero di Isaia” basato sull’antica profezia messianica, “forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci”, per un disarmo generale che trasformasse le “armi distruttive in strumenti edificatori della pace e della civiltà”.  

In tale prospettiva il Mediterraneo, per La Pira, è culla delle civiltà monoteiste che egli chiamava “la triplice famiglia di Abramo”, con il chiaro compito impostogli dalla storia di costruire un “nuovo Cosmo delle nazioni”. Per questo dopo la grave crisi di Suez del 1956 maturò il progetto di convocare a Firenze un grande incontro internazionale dedicato al Mediterraneo. Ricordiamo questo 5 novembre riportando la conclusione dei lavori di Firenze dello scorso febbraio, ove è stato redatta e sottoscritta da tutti i partecipanti una “Carta delle nazioni” del Mediterraneo in cui i sindaci, tra questi quelli di Atene, Gerusalemme e Istanbul, con la voce delle chiese si sono uniti per rilanciare il dialogo, la democrazia e la pace quale vie per una civiltà dal volto autenticamente umano. Affinché il “Mare Nostrum”, come lo definivano i romani, torni luogo di cultura e bellezza e non il più grande cimitero a cielo aperto.  

Mario Agostino